Una nuova realtà gastronomica si affaccia nel panorama della cucina della tradizione nell’area pignatarese, in via Duca D’Aosta nasce l’Osteria omonima gestita da pochi mesi da Giorgio Giordano, ai fornelli verace e appassionato, collaborato dai familiari, in un contesto del territorio che vede il ritorno ai piatti di una volta, anche se rivisti in parte e con le materie prime che oggigiorno sono di difficile reperibilità, ma senza distaccarne molto la tipicità e il gusto.
LE TRADIZIONI A TAVOLA NEL CENTRO STORICO
Bisogna attraversare l’antico “triuce” della Piazza, un passaggio obbligato per arrivare all’angolo di via Roma e incrociarsi con L’Antica Osteria Duca d’Aosta, non prima di avere gettato lo sguardo ad uno dei più imponenti portali che sulla destra fa sfoggio di se sin dai tempi imperiali, quello barocco di palazzo Barricelli è singolare. La location è situata in un luogo storico che sino agli anni 70 inoltrati ha ospitato vini e cucina, con una delle più rinomate cantine della Pignataro che un pò tutti ricordiamo con nostalgia, laddove lo stesso Giorgio Giordano ha avuto precedenti esperienze culinarie.
Oggi è la famiglia intera che conduce il locale, con Giorgio la moglie Anna e Giuseppe uno dei figli, poi la nuora Maurilene Petraglia, di radici irpine, che è molto interessata a garantire le proposte del territorio campano con questo intrecciarsi di piatti casertani e avellinesi che la stessa segue e proporrà con piacere. Sarà di sicuro apporto alla cucina di Giorgio.
IN CUCINA I COLORI CHE SANNO DI BUONO
25 max 30 posti, due salette arredi sobri e via, i piatti tipici e i prodotti del territorio la fanno da padrone. Nella prima serata, insieme ad un amico, mi imbatto (fortunatamente) in un bel tagliere di prosciutto di Petraroja di nero casertano, bello, basso e stagionato 18-20 mesi, il grasso è profumato, segno di eccellenza davvero, incrociato con un formaggio di pecora della stessa zona del Sannio beneventano, con le marzoline del Matese, non ho dubbi, accetto l’offerta senza rilanciare, come antipasto va benissimo, rimango ancora con i piedi per terra quando arrivano i peperoni caleni ripieni con mollica di pane di Pastorano, capperi e acciughe, e le melanzane a barchetta, poi frittelle con fiori di zucca, ripiene con ricotta di bufala del luogo, nei piatti colori e profumi che sanno di buono.
Queste tra alcune proposte della serata e del menù anche di mare che giornalmente Giorgio aggiorna, proponendo novità all’ultimo momento sulla lavagnetta, come succede ad ogni buon oste in tali contesti, la panorra con ceci è un esempio di una pietanza che vedo appena impiattata in cucina. Anche i salumi e i formaggi sono prettamente campani.
Avendo notato in allestimento la pasta preparata in Osteria, mi oriento al primo piatto con pettole e fagioli, profumato e con il giro d’olio giusto, quello locale di Triella è cultivar corniola, un piatto semplice di manifattura casalinga, uno di quelli che l’Antica Osteria Duca D’Aosta prevede di mantenere spesso nel variagato menù, come del resto la ricetta particolare dei ceci e baccalà mantecato che assaggiamo tra i secondi, sapori lontani e indescrivibili al gusto, porta con se i segreti di uno dei piatti forti della tradizione, abbinato a scarole legate e cotte in padella o zucca e peperoni grigliati come contorni.
Il dessert è d’obbligo e la scelta ricade su una crostata di prugne, o di fichi, tra quelli preparati da Maurilene. Per il vino la proposta di Giorgio è stato un pallagrello nero sfuso con vigneti autoctoni nella zona di Strangolagalli, nel suo areale, di buona fattura, per rimanere nel costo totale tra i 20-25 euro a testa, poi con le etichette regionali e nazionali si sale di qualche gradino.
Gran parte delle verdure e delle spezie sono di produzione familiare, nonna Antonietta coltiva da sempre il suo orto nelle campagne di Pantuliano con la passione di una giovinetta e cerca di non far mancare nulla al figlio Giorgio, che anche in passato si è servito delle materie prime prodotte in proprio.
Buona la prima.
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Franco D’Amico